Capitolo II. Made in Italy culinario

L’Italia si sa è uno dei migliori paesi al mondo per mangiare, anche se una recente classifica, discutibile, della guida Lonely Planet, ci pone solamente al settimo posto dopo Grecia, Francia e Spagna. Qual è il motivo per cui la nostra cucina viene apprezzata in tutto il mondo? Perché i nostri prodotti alimentari made in Italy sono i più imitati e contraffati dagli altri paesi? Perché ci identifichiamo così tanto nel nostro modo di mangiare?
 Per rispondere a queste domande, bisogna fare delle considerazioni importanti sul modo di vivere la famiglia tipicamente italiano. Uno dei valori principali su cui si basa la nostra società è appunto la famiglia con la F maiuscola. Per questo motivo, uno degli stereotipi maggiormente in uso all’estero per indicare il nostro popolo è quello di “mammone”. Sì, perché per noi la famiglia è tutto e quale miglior momento per riunire tutti i membri, magari dopo una lunga giornata di lavoro, di scuola e di altri impegni? La cena. Riunirsi davanti un buon piatto fumante, un bicchiere di vino e raccontarsi della giornata appena trascorsa, un’immagine vivida e sicuramente impressa nelle menti di tutti noi.

 Per noi il cibo è simbolo della convivialità, basti pensare ai pranzi delle feste sotto Natale! Pensiamo alle famiglie allargate del Sud, dove il valore della famiglia è fortemente sentito più che in altre regioni della penisola. Pranzi e cene sono vissuti quindi come momenti di aggregazione con la necessità però di variare “menù” ad ogni pasto. Da qui la grande varietà di ricette, diverse da regione a regione, che costituiscono il patrimonio gastronomico nostrano.

 Ovviamente bisogna considerare la nostra cucina anche da un punto di vista nutrizionale. Il territorio italiano favorito dal clima e dalla posizione geografica, permette di avere sulle nostre tavole una tale varietà di prodotti, da far invidia al mondo. Il modello nutrizionale della dieta mediterranea è addirittura stato inserito dall’UNESCO nell’elenco dei patrimoni immateriali culturali dell’umanità.

 Questo modello tipico dei paesi che si affacciano sul bacino mediterraneo come appunto l’Italia e la Grecia, si basa sul consumo principale di carboidrati come pasta e pane, olio extravergine d’oliva, frutta fresca, pesce azzurro, carni magre quindi carni bianche, uova, formaggi, legumi, cereali, ortaggi e vino rosso, mentre è povera di carne, zucchero, burro e grassi di origine animale. Prodotti che trovandosi nel nostro territorio, ci impegniamo a coltivare nel miglior modo possibile ed ad esportare fieramente in tutto il mondo.

 Il cibo quindi diventa un elemento di identificazione nazionale per via delle nostre conoscenze del settore, nel quale, al mondo, non siamo secondi a nessuno. Tale è il prestigio del marchio “made in Italy” che molti paesi cercano in tutti i modi di riprodurre le nostre eccellenze spacciandole per prodotti italiani al 100%. Da qui nasce il fenomeno dell’italian sounding.

L’italian sounding è il nome che prende il preoccupante fenomeno della contraffazione alimentare a discapito del “made in Italy”. Imitazioni che richiamano il concetto di italianità come Parmesan, Parmesanito, Parmesao, si avvicinano al nostro Parmigiano solo per assonanza, non certo per la qualità e le materie prime tutt’altro che italiane.
Uno degli ultimi casi di italian sounding venuti alla luce, riguarda una società italiana che nella la sua sede in Romania produce formaggi e latticini con latte ungherese-rumeno dandogli nomi come Dolce Vita, Toscanella, Pecorino!
Regina dell’italian sounding è la pasta alla carbonara che vanta numerosi tentativi di imitazione in tutto il mondo. Da romana D.O.C. quale sono, rabbrividisco all’idea di mangiarne una preparata diversamente rispetto la ricetta originale. La classica carbonara si prepara con pochi e semplici ingredienti: uova, guanciale, olio EVO, parmigiano e pecorino, pepe in abbondanza. Semplice a dirsi, ma provate a chiedere ad un americano quale sia la ricetta! Burro al posto dell’olio, prosciutto invece del guanciale ( andrebbe bene anche della pancetta) cipolla in un soffritto che non dovrebbe esistere e come tocco finale dopo l’insostituibile panna, i pisellini!
Piatti altrettanto abusati e storpiati, secondo una recente ricerca condotta dall´Accademia Italiana della Cucina, attraverso le sue settantatre delegazioni sparse in tutto il pianeta sono ravioli e ossibuchi, spaghetti con le vongole e tiramisù, più l´immancabile pizza e gli improbabili spaghetti alla bolognese.
Non penso che rabbrividire davanti a tali scempi sia una reazione esagerata, penso al contrario che sia talmente grande la passione che noi italiani mettiamo nella preparazione dei nostri piatti e l’attenzione delle nostre aziende nel selezionare le migliori materie prime, che rovinare la nostra reputazione o cercare di macchiarla sfruttando il buon nome della nostra cucina, siano delle azioni da condannare a priori a livello internazionale.
Ovviamente questo comporta anche un grave danno non solo di immagine ma anche economico per l’intero Paese (solo il Nord America «fattura» 24 miliardi l'anno a confronto di un export di prodotti alimentari autentici pari a circa 3 miliardi di euro: significa che solo 1 prodotto alimentare su 8 è veramente italiano). Le ultime stime di Federalimentare, Federazione Italiana dell’Industria Alimentare, riguardanti l’imitazione di prodotti alimentari italiani tra Stati Uniti e Canada sono "sconcertanti": il 97% dei sughi per pasta venduti nei supermercati sono pure e semplici imitazioni. Il 94% delle conserve sott'olio e sotto aceto è falso e altrettanto falso è il 76% dei pomodori in scatola. Addirittura scopriamo che solo il 15% dei formaggi italiani è autentico: nel Nord America l’imitazione specifica di parmigiano, provolone, ricotta e mozzarella è pari quasi al 100%.